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      Il povero vecchio s'incamminava bestemmiando contro la direzione che aveva firmato tardi le lettere. Era la solita canzone che si udiva in speditura. Anche Starringer la intonò ed Alfonso finse di starlo ad udire ma nella febbre della sua impazienza non percepiva una sola parola.
      Non uscì ancora dalla banca. Si pulì con accuratezza i calzoni e le scarpe con le spazzole di Miceni; anche quella era un'occupazione.
      Quando uscì dalla banca, mancava poco più di un quarto d'ora alle otto ed egli si mise a correre, per poco temendo di arrivare in ritardo al convegno. Che cosa avrebbe fatto in questo caso? Forse sarebbe stato un ritardo senza rimedio.
      Il tempo sciroccale persisteva ancora ma non era caduta pioggia durante tutta la giornata. Fino a sera la città era stata coperta da un po' di nebbia anche quella svanita e il cielo era chiaro, seminato di stelle, senza luna. Una fanghiglia rada ma continua copriva il selciato.
      Passati dieci minuti oltre le otto per la prima volta Alfonso ebbe il dubbio che Annetta non venisse. Era molto probabile! Fino allora, senza confessarlo, egli aveva agito come se fosse stato sicuro ch'ella ancora lo amasse perché altrimenti non poteva sperare che una fidanzata si lasciasse trascinare a tal passo. Comprese di aver composto malamente il suo biglietto. Avrebbe dovuto limitarsi ad esprimere a Annetta il suo desiderio di parlare e attendere da essa l'indicazione del quando e dove. Ma ora non era più in tempo di correggersi. Avrebbe atteso là fino alle nove e si appoggiò ad un paracarro, paziente e rassegnato.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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