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      Questi picchiò timidamente e Amelia andò ad aprirgli. «Che cosa ha?» domandò il Carini spaventato al vedere la faccia di Amelia irrorata di lagrime. Temeva fosse accaduto qualche cosa a Bianca. «Oh! non è nulla!» disse Amelia piangendo più forte e abbandonandosi su un divano. «Piango perché volete portarmi via Bianca». Il Carini da abitante di capitale già annusava la buona avventura. Ma ogni esitazione gli fu tolta quando Amelia esclamò: «Darei la vita per avere dei figliuoli come ne avete voi».
      Il Carini partì con un peggior umore di quello che aveva portato. Insomma la buona avventura c'era stata ma passeggera tanto e non c'era stato caso di rinnovarla. Ben volentieri abbandonò la città perché quella bella donna che faceva così per un istante dono di sé e si ritoglieva subito apparentemente dimenticando tutto gli pareva tanto anormale da averne paura. La considerava come pazza e non vedeva l'ora di trarle dalle mani la piccola Bianca. Non l'aveva considerata pazza all'improvviso abbandono la sera del giorno stesso in cui lo aveva conosciuto. Ciò gli sembrava abbastanza regolare. Ma quando alla mattina dopo, vedendola più bella che mai e all'aspetto sofferente, volle approfittare di un momento in cui li avevano lasciati soli per stringerle la manina unicamente per significarle gratitudine e si vide respinto con uno sguardo di meraviglia altezzosa, pensò: "È decisamente pazza". Ella fu poi come era stata al momento del suo arrivo; dedicava ogni cura ai suoi ospiti quando le cure ch'ella continuava a prodigare alla piccola Bianca gliene lasciavano il tempo.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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