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      Io la desideravo tutta intera, per la prima volta.
      IIUna sera, a cena, Cima mi propose una caccia strana: Quella dell'orso. Si era nel 1886 e avevo anch'io letto sui giornali locali che un orso era stato veduto aggirarsi nei pressi del Monte Re. Fra le altre armi Cima possedeva anche due fucili Werndl di una portata lunghissima che facevano proprio per la caccia all'orso.
      Antonia trovò ch'era bene per me esordire con quella caccia. Intanto per un bestione simile, pericoloso, essa non sentiva compassione.
      Io mi abbandonai ad una perorazione che non voleva finire più sul diritto alla vita anche degli animali forti. Era una disgrazia che l'avvento sulla terra dell'uomo avesse rese nevrasteniche tutte le bestie sulla terra. Io mi figuravo che tanti animali si fossero fatti notturni perché in passato l'uomo (prima che arrivasse Cima e le sue abitudini) aveva avuto bisogno della luce del sole per muoversi. Mi figuravo anche che molte bestie si fossero cacciate sotterra per nascondersi soltanto allora, altre nel fitto dei boschi ove temporaneamente potevano trovare ricetto ma non a lungo perché l'uomo era per eccellenza il distruttore dei boschi dei cui alberi aveva bisogno per stampare i suoi giornali. Parlavo tanto a lungo per potere tenere rivolto lo sguardo ad Antonia che quella sera era vestita virginalmente con un grembiule tutto pizzi e fiori che le dava un aspetto di fanciulla che anche di sera conserva abbellito l'arnese che di giorno nei suoi lavori in casa la protegge dal sudiciume cui deve esporsi nei lavori in cucina e nelle stanze.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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