Pagina (65/387)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Le casette nel paesaggio mi si palesano meglio e nella verde campagna ubertosa scorgo oltre che la bella indifferenza che ha ogni manifestazione di una legge, anche la passione e lo sforzo degli uomini dei quali la legge non è tanto evidente.
      Venivo da Torlano e camminavo verso Udine quando mi imbattei in Giacomo, un contadino circa trentenne vestito anche più miseramente dei soliti contadini. La giubba era sdruscita e la maglia di sotto anche. La pelle che ne trapelava aveva qualche cosa di pudico anch'essa, quasi fosse stata un altro vestito così bruciata dal sole. Per camminare meglio portava le scarpe in mano e i piedi nudi non pareva evitassero le pietre. Ebbe bisogno di uno zolfanello per una sua piccola pipa e la conversazione fu avviata. Non so che cosa egli abbia appreso da me ma ecco quello che io sentii da lui. Preferisco di raccontare la storia con le mie parole prima di tutto per farla più breve e poi per la ragione semplicissima che non saprei fare altrimenti. La sua durò fino a Udine e anche oltre perché finì dinanzi ad un bicchiere di vino che io pagai. Non trovo che la storia mi sia costata troppo.
      Giacomo, nel suo villaggio, era detto il poltrone. Ben presto, già nella sua prima gioventù fu noto a tutti i proprietari per due qualità: Quella di non lavorare e quella d'impedire il lavoro anche agli altri. Si capisce come si faccia a non lavorare; più difficile è intendere come un uomo solo possa impedire il lavoro a ben 40 altri. Vero è che fra quaranta è possibile di trovare degli alleati quando si propugni di non lavorare.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Torlano Udine Giacomo Udine