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      Argo non era un personaggio molto importante neppure fra i cani. I cacciatori dicevano che non fosse di razza molto pura perché il suo corpo era un po' troppo lungo. Tutti riconoscevano la bellezza del suo occhio vivo (anche quello troppo grande per un cane da caccia) del suo muso dal disegno preciso e della sua ampia cervice. A caccia era impulsivo; qualche giorno era aggressivo come quegli ubbriachi che aggrediscono perché portati dal loro peso. Le bastonature giovavano qualche volta ma più sovente aumentavano la sua bestialità e allora pareva un toro in una bottega di porcellane. Forse per questo suo carattere alleviò un po' il dolore della mia sconsolata solitudine. Balordo e invadente, quando non mi faceva arrabbiare, mi faceva ridere.
      Quella sera ritornavo per la quarta volta al giornale. Fuori c'era un diavoleto che chiudeva una giornata intera di maltempo. Una violenza di vento che non voleva sostare per un solo istante. Se continuava così, il giorno appresso saremmo stati tagliati fuori dal resto del mondo e a me non sarebbe stato concesso altro svago che di fare all'amore con la vecchia Anna. Ed io leggevo distratto dall'odio che sentivo aumentare nel mio animo pel dottore che mi aveva mandato quassù. Bel risultato aveva avuto da lui l'istruzione universitaria! Non avrebbe potuto dedicarsi a qualche mestiere meno dannoso?
      Finalmente scopersi nel mio giornale una notizia che assorbì tutta la mia attenzione.
      In Germania c'era un cane che sapeva parlare. Parlare come un uomo e con qualche poco d'intelligenza in più perché gli si domandavano persino dei consigli.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Anna Germania