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      Io ringhiavo e urlavo. Dallo spasimo dell'amore e del dolore non potevo rizzarmi. Finì che ritrovai l'odore del padrone. C'era intero oramai e non capivo dove l'avesse tenuto fino ad allora. M'accovacciai mitemente ai suoi piedi e lasciai che continuasse a percuotermi come egli doveva credere io meritassi. Ma se egli non vuol saperne di Titì perché impedisce me? Verrà il momento in cui egli non ci sarà ed allora non gl'importerà come non gl'importa mai quando non c'è.
      IVSolo Argo soffre. In tutto il mondo ch'è bello e lucente non c'è altra sofferenza. Gli odori non soffrono e le bestie hanno sempre lo stesso odore sieno esse sincere o coperte; perciò non soffrono. Quando sono sincere il loro odore diventa intenso... Come Argo è differente invece ogni giorno!
      Quando mi mettono la catena io muoio di noia. Il vento si frange sul muro di cinta ed io sento degli odori indistinti che gridano tutti insieme e danno un frastuono che mi fa impazzire. Oh! Potessi almeno arrivare al luogo là sul muro dove gli olezzi sono ancora divisi! Argo ha bisogno di sapere. Non è un gatto cui basta celarsi. Per rompere la noia annuso la catena e il casotto e apprendo solo quello che purtroppo già sapevo, cioè che a quella catena e in quel casotto io ero già stato. E piango di più allora: Per il passato e per il presente. Non è un odore quello che io comunico alle cose ma è tuttavia evidente. Esse dicono: Sei qua di nuovo e sempre tu? Io alla catena ululo. Grido agli uomini di darmi la libertà e agli olezzi di scendere a me.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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