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      Ma Adele febbricitante si mise a strillare come se i colpi li avesse ricevuti lei e bisognò che mamma Berta corresse in cerca di Marianno che s'era nascosto e, con promesse di non fargli dell'altro male, lo facesse uscire da un armadione vuoto in cui s'era nascosto. Berta poi non tenne la parola data perché lo prese con tanta violenza per il braccio da lasciargli dei segni e lo gettò sul letto di Adele. E i due giovinetti piansero insieme. Adele agitata dalla febbre non arrivava più a fermarsi; supina, con una manina nei ricci di Marianno si vuotava addirittura di lagrime. Marianno poi che così restava scoperto ad altri colpi esagerava il suo pianto ma questo era prodotto proprio dal rimorso di aver fatto tanto del male alla sua piccola mammina.
      Lo fece ricredersi Alessandro che arrivò a casa un po' brillo e perciò ancora più buono del solito. Fu dapprima commosso della bontà di sua figlia eppoi enormemente irritato dalla brutalità di sua moglie. E non la finiva più! Quando era ubriaco parlava per via di esempi. Proponeva alla moglie di figurarsi che la malattia avrebbe còlta lei invece di Marianno. Chi l'avrebbe picchiata allora? E se ne fosse stato colto lui chi avrebbe picchiato lui? Lui che non si lasciava picchiare da nessuno.
      Era un impeto di bontà che lo rendeva eroico perché di solito e specialmente quando era cibato soleva usare dei grandi riguardi a mamma Berta tanto più che costei con certi affarucci di pegni rappresentava una parte abbastanza importante del reddito della famiglia.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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