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      In poco tempo a forza di giuoco e di altre cose che il libro non diceva, era rimasto privo di tutto. Poi col dolore era venuto il pentimento ed egli s'era dato al lavoro indefessamente. Prima come manuale; poi inventò una macchina e con quella guadagnò milioni. Naturalmente quando ritornò con tutti quei denari al padre, costui lo accolse molto bene. E tutti furono felici. Questo fu il libro che si convertì nella mente giovanile di Marianno in tanto sangue. Perché la carta stampata racconta la vita ma ne crea una e del tutto diversa ed è per essa in primo luogo che accanto alla vita di tutti, comune, grigia, c'è la vita del più importante uomo dell'universo, se stesso. E l'occhio giovanile che toglieva dalla carta stampata il puerile racconto brillava come se assistesse alle vicende dell'eroe. Quelle lettere allineate con tanta regolarità procedevano come il tempo, inesorabili; e si arrivava lentamente a sentire come il giovine si fosse ingiustamente ribellato al vecchio e come poi col lavoro l'ingiustizia fosse stata cancellata. E quando si tornava a leggere era doloroso di non poter intervenire e gridare al giovane: «Bada, ti pentirai!». Una pagina seguiva all'altra e non si poteva influire sugli avvenimenti quantunque mai appartenessero al passato. Diventavano passato solo quando il libro era finito e chiuso.
      Così il piccolo operaio che fino ad allora aveva fantasticato sulle storielle che gli aveva raccontato Alessandro, piccole storielle che correvano le Calli, di tiri bricconi fatti ai vigili o di risposte salaci che il bottaio con tutta ingenuità attribuiva a se stesso anche quando le aveva sentite da altri, ora non contava più le doghe che tagliava per arrivare a sera.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Marianno Alessandro Calli