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      Ma Marianno sognava anche matematica. Il numero uno egli lo personificava e lo vedeva meno mobile degli altri. Moltiplicava e divideva un numero lasciandolo inalterato; diventava importante solo quand'era lasciato a sé o seguito da zeri o quando si sommava o si deduceva. Il numero due aveva la sua personificazione in una pagina su cui si scriveva un numero con l'inchiostro e si piegava in due per riprodurlo esattamente sull'altra parte. Ma non occorreva un numero, bastava anche una figura e il numero due da quell'operazione nasceva. E nel due egli vedeva l'uno senza del quale non sarebbero esistiti altri numeri. Egli guardava i numeri nelle doghe. Quando arrivava a farne più di quante Alessandro ne consumasse egli le distribuiva bellamente in cubo. Alla base ne metteva dieci e poi lavorava presto per vedere elevarsi il mucchio e contarle. Così, a occhio, finì col saper calcolare la quantità di doghe preparate contando soltanto i tre lati. Era già un bel progresso. Poi egli apprese a fare delle scoperte meravigliose. Intanto quando aveva da moltiplicare per nove sapeva facilitarsi il compito moltiplicando due volte per tre. Si fermò per lungo tempo su tale scoperta ma poi seppe procedere e scomporre qualunque moltiplicatore. E queste scoperte svegliavano la giovine mente ne erano il cibo tanto nutritivo perché accompagnato dallo sforzo della conquista. Adele vedeva le decimali come una cosa nuova che bisognava studiare come se fossero del tutto differenti dalle unità. Egli subito comprese ch'erano la stessa cosa pensata in altro modo e passava con piena facilità dalle frazioni alle decimali.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Marianno Alessandro