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      Diceva che se lui fosse stato a poppa la barca sarebbe andata meglio ma lui certo peggio; perciò lasciava che Menina si divertisse. Menina veramente aveva calcolato su qualche centesimo di mancia ma non volle farlo vedere. Tanto più volle compensarsi con istruzioni esagerate a Marianno. Egli sapeva dirigere una barca ma un po' per la sua vista corta e un po' distratto dalle troppe istruzioni che voleva impartire lasciò andare la prora contro un ponte. La corrente fece il resto e la barca andò ad ostruire il passaggio sotto il ponte fermando una gondola ed una barca. Incominciarono a udirsi le solite recriminazioni aumentate perché dall'alto del ponte alcuni buontemponi si misero a gridare contro i due fanciulli che, svergognati, facevano del loro meglio per liberare la barca. Alessandro non fermava mai la sua chiacchiera. Per calmare il gondoliere gli offriva di andar lui a terra a portare qualunque ambasciata che avesse voluto. L'ubriaco parlava sul serio. Si offriva di andar dalla moglie del gondoliere - era certo che dietro di quell'impazienza doveva esserci una moglie furiosa - a testificare che quella gondola era stata fermata in quel Rio dalla barca del bottaio Alessandro Perdini, quel bottaio che aveva bottega in Calle...
      Il gondoliere disarmato si mise a ridere e, libero da ogni paura, rise anche Alessandro. Non era mica tanto brutto - diceva - di passare il tempo sotto di quel ponte. Se avesse cominciato a piovere si poteva rifugiarvisi di sotto naturalmente quando la barca del bottaio Perdini fosse andata per la sua strada.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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