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      Salì in casa sulle punte dei piedi per non destare la moglie e si mise al tavolo vicino alla finestra nella stanzuccia che gli serviva di ufficio per fare il lasciapassare. E quando dovette scrivere il nome di Cimutti quale suo mandatario, la sua penna si mosse irosa: "Furfante! Non merita la fiducia che ripongo in lui!". Ritornò con la carta in mano al pontile. L'acqua era alta; copriva la palude al di là del canale di fronte al deposito. Le Fondamenta Nuove si specchiavano nell'acqua tersa e il riflesso dei ponti bianchi era visibile anche a tanta distanza. Il signor Perini guardava e non fiatava; cercava ancora parole mentre Cimutti dalla barca s'affaticava a ricevere in barca le casse che gli altri due gli porgevano. Era solo per lo sforzo fisico che la fronte dell'operaio s'era talmente increspata? Il signor Perini guardò quella fronte e conchiuse che non c'era bisogno di cercare altre parole perché l'operaio doveva aver capito. Si sentì subito più buono. Mitigatosi trovò subito qualche cosa da dire e, scherzosamente, osservò: «Sarebbe bella che quest'oggi tu capitassi a casa alle quattro». L'altro fu tanto stupito da tale espressione che restò in piedi con una cassa fra le braccia. Poi, curvatosi più di quanto fosse necessario per riporla e celando così del tutto la faccia, disse con voce sonora: «Potrebbe anche essere». E dopo qualche istante di riflessione, la sua furberia gli fece soggiungere: «Magari. Alle quattro verrei subito all'ombra». Il signor Perini fu contento di tale espressione e pensò che Cimutti alle quattro - se le circostanze glielo avessero permesso - sarebbe stato di ritorno.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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