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      Ora la casa tendeva piuttosto a vuotarsi dacché la Maria s'era ammalata d'occhi.
      Dopo colazione il signor Perini mandò in città Bravin ad effettuare degl'incassi e così restavano in deposito i soli Andrea e Bortolo a smuovere delle balle. Durante la mattina il signor Perini passò un dieci o venti volte la corte per andare a fumare la sigaretta accanto alla moglie. Lisa aveva abbandonato per il momento il mastello e si vedeva nella cucina posta a pianterreno a mescolare con le sue braccia grasse e forti la polenta. Il signor Perini si fermò un momento a guardarla. La debole fiamma del focolare le illuminava la veste dimessa ma pulita. La testa invece si proiettava sulla finestra di fronte che dava sull'orto inondato di sole. Essa s'avvide del signor Perini e abbandonando la polenta a rischio di bruciarla, corse a lui: «Comanda, padrone?». «Nulla, nulla» disse il signor Perini avviandosi verso casa sua; poi si fermò, e sorridendo, le chiese: «Credi che Cimutti sarà qui per le quattro?». Ella si confuse, ma subito, sorridendo, disse guardando il cielo: «Chi lo può sapere?». Subito dopo pranzato arrivò un dispaccio che ordinava un'altra piccola spedizione per il giorno appresso. Bisognava mandare subito Bortolo in città per fare la polizza e si restava di nuovo soli con un operaio. Date le condizioni degli operai nel deposito la cosa diventava grave. Cimutti era il solo fra gli operai che sapesse numerare e marcare delle casse. Se egli non veniva in tempo il signor Perini avrebbe dovuto assistere per un paio d'ore a tale numerazione, porgere all'operaio numero per numero, e vedere se fosse applicato dalla parte diritta: Un lavoro che toglieva al signor Perini la gioia di vivere.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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