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      ». «Ma no!» protestò Cimutti. «El ga razon! El ga fatto benissimo de svegiarse». Sulla cavana correva un piccolo ponticello che abbreviava la via alla prossima calle. Era coperta da un tetto fatto di sottile lamerino guadagnato da involti di certa merce che arrivava nel deposito. Cimutti volse la schiena all'acqua con un grido: «Ma era l'altr'ieri che l'acqua calava alle 8... Non alle 8, alle 9». E fra giorni e ore fece una confusione tale che per schiarirla esclamò: «Ora capisco, ora capisco!» e scese nella cavana. Il signor Giulio lo seguì per la scaletta fatta di pietre smosse. Cimutti era arrivato giù in un balzo. Il signor Giulio per quanto si trovasse in laguna da quattr'anni, poco pratico di cavane e di barche andava adagino. Quando arrivò giù trovò Cimutti che aveva già slegata la barca. Poi andò a poppa e si spinse fuori. Il punto più secco della cavana era all'uscita e la barca attraversandolo produsse quello sfregamento che in laguna è un rumore ben sgradevole. Annuncia al navigante ore di lavoro. Il malcauto è andato in secca. «Vedi ch'era tempo!» disse il signor Giulio. Poi Cimutti cominciò a vogare contro corrente per portare la barca al pontile ove doveva essere caricata. «Vieni poi a prendere anche la gondola» avvertì il signor Giulio che s'era arrampicato fuori della cavana. Il sole non aveva ancora varcato l'orizzonte ma la luce era oramai ben decisa. La
      chiesa di S. Micel elegante, candida, guardava la palude solo per il signor Giulio che vedeva questa in iscorcio.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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