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      Italia aveva accettato anch'essa quasi per ischerzo ma in pochi istanti la sua determinazione era presa. Ella che amava la sua arte di sarta non poteva lasciarla con piacere per quella di cameriera ma come si fa per orgoglio continuare a vivere sola del tutto a questo mondo? Pochi anni prima ella aveva avuto una disillusione d'amore oramai dimenticata ma di amore per lei non si parlava più. Ella si vedeva con tutta sincerità abbastanza brutta e a certe cose non ci pensava più. Era magra, alta, la schiena un po' piegata, due occhi dolci grigi e i capelli ch'erano stati di colore castano già molto bianchi ad onta della sua età giovanile. Ella aveva accettato prima di tutto per amore alla piccola Olga e al piccolissimo Nini, poi per amore alla grande signora Anna e infine per simpatia a quel buon sognatore del signor Giulio. Dunque in quella casa c'era molto da fare ma in compenso anche molto calore, un agglomeramento di vita di cui Italia sentiva il bisogno e di cui voleva fare parte. Ed ora i giorni trascorrevano veloci, tutto il giorno occupata, gran parte della giornata in gondola
      ad accompagnare a scuola e a casa la piccola Olga, poi a sorvegliare Nilda l'insempia, l'altra serva, che non sapeva né cucinare né pulire ma che pur doveva cucinare e pulire perché altrimenti nessuno l'avrebbe fatto; però cucinava e puliva sotto l'immediata sorveglianza d'Italia che per ambedue le cose aveva un talento speciale. Ed Italia corrompendo un noto stornello cantava: Io son la cameriera.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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