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      Persino il barcone di traghetto era scomparso e al suo posto era subentrato un ponte in pietra per varcare il quale bisognava pagare una lieve tassa, un grande ponte che s'erge maestoso sull'acqua perché parte da un punto elevato della cittadina e raggiunge proprio il villaggio al disopra del banco di sabbia e anche al disopra di campi già più elevati coltivati a barbabietole. Sul fiume stesso corrono oramai degli agili vaporini in luogo di certa specie di piroghe sottili cariche di sabbia o delle zattere lunghe un chilometro formate dal legname che diretto da due o tre uomini arrivava nel Belgio dalla Selva Nera.
      Bisognò poi volgere a destra per entrare nel villaggio: una specie di sentiero fra case povere qua e là allontanate dal sentiero che si allargava allora a piccoli spiazzi non selciati e coperti d'erba dove le ruote dei veicoli non li avevano solcati. Alcuni di quei casolari volgevano alla strada una facciata rigata da scale e un ballatoio in legno brunito dal tempo e dalle intemperie. Anche allora su quel sentiero si sentiva intenso l'odore di letame.
      Così entrarono nella via principale dalla parte della piccola chiesa gotica che sorgeva in mezzo a un prato verde pulito, abbellito da alcune quercie e due ippocastani allora in fiore. Le case della via principale abbastanza larga e non lunga, chiusa dalle case anche all'altra estremità, perciò una specie di piazza selciata a ciottoli, erano più belle e linde delle altre, alcune abbellite dallo zoccolo e dal suo coronamento, altre con una certa civetteria dell'erto tetto sporgente.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Belgio Selva Nera