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      Io non ho mai proposto di annullarlo». E qui tentai di ridere per fermarmi e pensare ancora a quanto volevo dire. Trovai. Vittoriosamente urlai: «Io volevo soltanto provarle che lei non ha trattato come doveva con un vecchio. Si poteva ottenere la stessa cosa lasciando fuori alcune di quelle clausole. E non m'importa ora neppure che sieno cancellate. Una volta che ho saputo che lei quelle clausole pensava, il male era già fatto: Irrimediabilmente».
      Brusco e sicuro l'Olivi disse: «Non si poteva fare altrimenti. Me lo creda, signor Zeno».
      «E allora sta bene» dissi io. «E non parliamone più». M'accinsi ad uscire. Ma poi ritornai ancora una volta sui miei passi per stringere la mano al notaio ed anche un'altra volta all'Olivi. Che diavolo! Si era o non si era gentiluomini. Ma quando ebbi afferrata la mano dell'Olivi la lasciai subito cadere come se ne fossi stato scottato. Bisognava essere gentiluomini e perciò non si doveva simulare un'amicizia che non si sentiva.
      Uscii presto perché pareva che l'Olivi avesse voglia di accompagnarmi. Volevo essere solo. Tante volte nella solitudine avevo saputo rimettermi, consolarmi, riacquistare la fiducia in me stesso quando ero soggiaciuto alla forza di qualcuno. Chissà! Riesaminata serenamente la mia posizione forse mi sarebbe apparsa meno brutta.
      Fuori faceva un tempo sgradevole. Di tempo in tempo pioveva, lievemente pioveva. L'atmosfera fosca era pregna d'acqua. Che noia! Sbadigliai, passando con l'ombrello sempre chiuso per la grigia via. A quell'ora in ufficio doveva essere arrivata la posta.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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