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      Ognuno leggerà se stesso. E la propria vita risulterà più chiara o più oscura, ma si ripeterà, si correggerà, si cristallizzerà. Almeno non resterà quale è priva di rilievo, sepolta non appena nata, con quei giorni che vanno via e s'accumulano uno eguale all'altro a formare gli anni, i decenni, la vita tanto vuota, capace soltanto di figurare quale un numero di una tabella statistica del movimento demografico. Io voglio scrivere ancora. In queste carte metterò tutto me stesso la mia vicenda. In casa mi danno del brontolone. Li sorprenderò. Non aprirò più la bocca e brontolerò su questa carta. Io non sono fatto per la lotta e quando mi fanno intendere che non capisco più bene le cose invece che negare e cercar di provare che sono ancora capace di dirigere me stesso e la mia famiglia correrò qui a rasserenarmi.
      Avrò la sorpresa di trovare me che qui descrivo molto differente da colui che descrissi anni or sono. La vita, benché non descritta, lasciò qualche segno. Mi pare che col tempo un po' si rasserenò. Mi mancano quegli sciocchi rimorsi, quelle spaventose paure del futuro. Come potrei spaventarmene? È quel futuro quello ch'io vivo. Va via senza prepararne un altro. Perciò non è neppure un vero presente, sta fuori del tempo. Manca un tempo ultimo nella grammatica. È vero che la storia dell'operazione di ringiovanimento mi parve tanto importante. Ma decisa in un momento di bizza io mi avviai poco convinto, stralunato, sempre pronto a ricredermi, sempre con l'orecchio teso per sentire se mia moglie, mia figlia o mio figlio si fossero messi all'ultimo momento a strillare per fermarmi.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387