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      Sarebbe stato inferiore a tutti per tutta la vita. Eppoi quando trovava qualcuno disposto a dare dei buoni consigli non si poteva e doveva rispondere villanamente.
      E da questa questione in cui io ci entravo come i cavoli a merenda risultò proprio un rancore di Alfio per me. È vero che io non seppi appoggiarlo, anzi è vero ch'io non seppi astenermi dall'associarmi agli altri. Dio mio! È una cosa grave vedere il proprio figlio rinunziare da bel principio alla via che percorrono quelli che lo possono. D'altronde non potevo correre il rischio di aggravare la posizione di Valentino già dolorosa per Emma. M'ero proposto da tanti anni di fare in modo che non si ripetessero fra me e mio figlio le relazioni che c'erano state fra me e mio padre, ed ecco che si accennava proprio a passare per di là. A quello scopo avevo fatto in modo che non ci fossero fra di noi eccessive manifestazioni di affetto come quella dolorosa ansietà manifestata da mio padre al momento di morire per il mio avvenire, in quel momento, quando già tanto soffriva, equivalente ad un bacio appassionato che poi, certamente, aveva provocato quella mia dolorosa lunga malattia, una malattia che anche dopo guarita, m'aveva fatto vedere il sole meno chiaro e sentire l'aria pesante.
      A questo scopo m'ero proposto di evitare fra me e mio figlio le grandi effusioni d'affetto, e, da parte mia, imposizioni da patriarca. Le effusioni furono evitate con grande facilità nella sua prima infanzia tanto più che io non seppi mai sopportare ì rumori incomposti dei bambini.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Alfio Valentino Emma