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      Questa storia della personalità mi pareva un eccesso, una presunzione. Bisognava tendere alla personalità amabile, alla personalità seducente, per dire qualche cosa. Ma personalità sola! Si mettevano talora all'ergastolo ed erano vere personalità. «Che personalità» dicevo del nostro Giacomo, un guardiano notturno che recentemente avevamo preso per avere meglio sorvegliata la nostra villa in epoche tanto torbide. Giacomo era una personalità vera, in complesso. Quando era pieno di vino era bestia come un ubbriaco ma non sapeva costringersi ad eroiche finzioni: Appariva bestia ma non ubbriaco. Non traballava e il suo incedere era il solito, un po' rigido ma su una linea retta. Non volli mai mandarlo via. Faceva il suo dovere, sempre desto. Del resto non ebbe mai nulla da fare e ci lasciò sempre tranquilli perché mai avvenne nulla di speciale. Una vera personalità.
      Ma Alfio s'arrabbiò e, come al solito, per spiegarsi più chiaramente m'insultò. Io mi feci un po' selvaggio anch'io e minacciai di diseredarlo. Il dissidio durò per molti giorni e Augusta corse più volte dall'uno all'altro per spiegare, attenuare, accordare. A me l'ira era già passata ma Alfio finì, per compiacere la madre, col domandarmi scusa, ma poi non me la perdonò più. A dire il vero io sono sempre molto occupato e non ci avrei pensato tanto, ma mi dispiaceva di vederlo turbarsi quando mi vedeva. La morte incombeva sempre più vicina su me e compiangevo Alfio al pensiero che gli sarebbe potuto toccare l'avventura che aveva offuscata la mia giovinezza.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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