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      Eugenio era corso in Italia, aveva cessato di pensare a se stesso per dedicarsi alla patria. Aveva deposto i suoi titoli austriaci da poco ereditati dal padre presso una Banca e non ci aveva pensato più. Così che quando le trincee nemiche anche per opera sua cedettero senz'accorgersene aveva distrutto anche la propria sostanza. Magnifico esempio di eroismo e di distrazione. Però pochi giorni prima dell'armistizio inciampò su una bomba che lo dilaniò orrendamente e lo uccise.
      Il povero Valentino (poverissimo perché a quest'ora è morto anche lui) si presentò anche lui volontario ma pare che la trincea non gli piacesse e trovò il modo di retrocedere fino a Milano ove trovò un buon impiego presso una Società d'Assicurazioni. Dio sa che non voglio dirne male, ma è certo che non era il marito adatto per la mia povera figliuola. Grasso e non d'aspetto perfettamente sano io ebbi una tale impressione di lui quando lo vidi dopo la guerra, cioè prima del matrimonio, che dissi ad Augusta: «Ma è questo il marito per la nostra bella Antonietta?».
      Augusta fece un gesto di rassegnazione per significare che non era stata lei a sceglierlo. Ma poi mossa dal desiderio di essere d'accordo con tutti e viver quieta aggiunse: «Promise però d'imprendere una cura dimagrante. E, se lo guardi bene, non brutto».
      Io feci del mio meglio per abituarmi a lui. Era cattedratico sicuro del proprio giudizio. In bocca sua la più bella notizia diveniva noiosa non so se per il suono nasale della sua voce o per l'aria d'importanza che assumeva quando imprendeva a raccontarla.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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