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      Carlo, mio nipote, ci spiegò di quale malattia si trattasse: Un invecchiamento precoce. «Improvvisamente, in poche settimane, il suo organismo si fece come è ora il tuo, caro zio. Ma quello che tu puoi sopportare, caro zio, a 70 anni suonati, lui a 40 non poté. Tu, caro zio, hai bisogno di meno aria, di meno circolazione, tutto in te, caro zio, è meno vivo. Perciò puoi vivere... tuttavia».
      A me tutto questo non parve molto logico. Ma non fiatai, anzi mi ritirai in me stesso, nel mio vecchio organismo, per proteggerlo da tanti scongiuri e vivere... tuttavia. Che cosa ne sanno costoro della vita? Il mio pensiero è ora più vivo di quanto mai fosse stato quello del povero Valentino. Non a me arriva d'ingarbugliarmi in un avvenimento d'importanza minima e analizzarlo più di quanto lo meriti per abbandonarlo solo quando tutti intorno a me sono mezzo morti dalla noia. Ciò dovrebbe pur provare che la mia respirazione è più abbondante di quanto fosse stata mai la sua. Ora mi rimproverano la mia distrazione, la mia incapacità di ricordare nomi e persone. Ma più o meno marcati tali difetti li ebbi sempre e se sono difetti da vecchio allora è provato ch'io seppi sopportare la vecchiaia non appena nato mentre Valentino ne fu ucciso a 40 anni.
      Valentino morto, restammo a bocca aperta dinanzi alle manifestazioni di dolore di Antonia. Dapprima l'ammirammo tutti. Ci commoveva fino alle lacrime, e l'opera sua fu tale ch'io posso dire che mai piansi sì a lungo un morto come mi avvenne per il povero Valentino.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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