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      Persino Carlo e Alfio i due giovini che più avevano deriso la pesantezza e la lentezza del defunto, dimenticarono la loro antipatia per amarlo nel dolore di Antonietta. Chi ricordava più di chi fosse vedova? Il destino l'aveva abbattuta orrendamente. Ognuno era pronto ad assisterla e compiangerla.
      Ma dopo una settimana Carlo protestò per primo vedendo che il dolore di Antonietta invece di mitigarsi andava sviluppandosi nelle forme e nelle parole, cioè faceva sì che il lutto copriva tutti, oltre ad Antonietta ed Umbertino sul quale il color nero si faceva gaio gaio per accompagnarsi alle sue capriuole anche me Augusta ed Alfio e la mia automobile, e che Antonietta scopriva ogni giorno nuove ragioni per piangere più dirottamente e costringerci a torturarci per spremere delle lacrime da vasi oramai asciutti. Carlo era stato tanto buono nella prima settimana, tanto dolce che ad Antonietta poi mancò e non vedendolo più gli serbò un rancore cui dapprima anche Alfio s'associò. Ma subito dopo anche Alfio non seppe più accompagnarsi a tanto dolore e restammo soli a piangere il povero Valentino io, Augusta e Antonietta. Per sostituire i due assenti Antonietta urlò di più. Inventò parole nuove per descrivere con maggior efficacia la grave inaudita sventura toccatale ma con una di tali invenzioni mi ferì profondamente. Ogni giorno, come mi vedeva, esclamava: «Il destino, prima di ucciderlo, lo disonorò invecchiandolo». Io mi ritirai anch'io, offeso. La vecchiaia un disonore! Doveva esserci stata la guerra mondiale per inventare una cosa simile.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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