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      Ma la respirazione era necessariamente breve e mi lasciava l'affannosa sete dell'aria ed io pensavo: "Quanto tempo dovrò respirare così fin che il corpo mi ricresca?".
      Soffersi tanto che tutta una giornata non seppi dimenticare l'incubo. Tanto che pensai: "Non si dovrebbe vivere una vita in cui si possa immaginare una cosa mostruosa simile".
      Eppure era stata pensata da quella testina bionda.
      Non saprei ridare uno solo dei suoni di Umbertino per dare un'idea della loro proprietà e grazia, s'intendono ma non si ricordano. Si ricorda solo il proprio sorriso. Quello che so è una mia scoperta: La faccia di Umbertino si fa molto espressiva quando gli manca la parola. I suoi occhioni di un azzurro intenso si aprono allora a dismisura per veder meglio, si rinchiudono per un intenso raccoglimento e poi guardano obliqui dando al suo roseo faccino un aspetto da traditore per cercare la parola in qualche cantuccio, e in alto per cercarla nel cielo. Sì! La mancanza di parola inventa il gesto espressivo. Ed io amo molto tutto quello che io scopro. Io a poco, a poco, scopersi Umbertino che non tutti sanno vedere, e perciò lo amo tanto. Intorno a me - io me ne accorgo perché vedo tutto - brontolano ch'io veda, ch'io senta e intenda meno. Può essere ma quello che vedo e sento m'adduce sempre a scoperte interessanti.
      Dacché sta con me, Umbertino mi diede qualche noia. Nella vasta casa non aveva trovato nessun soggiorno più gradevole del mio studio e me lo trovavo sempre fra i piedi. I miei libri finalmente venivano usati e gli servivano per fabbricare delle piramidi.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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