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      Per quietarsi a letto volle avere le scarpine nei piedi ed io non dimenticherò mai il piccolo omino accaldato nel sonno, supino, con le scarpine sui piedi nudi frontati sul letto. Neppure il sonno arrivava a diminuire la sua sorveglianza. È evidente che la vita è migliore di quanto egli allora se la figurasse tant'è vero che tutti serenamente depongono gli stivali quando si coricano.
      Così un fanciullino di tre anni è una macchinetta con cui tutti amano di giuocare. Si tocca un bottoncino ad un'estremità e c'è subito la reazione all'altra. Ho il rimorso di aver turbato anch'io una volta col mio intervento il regolare procedere di quella macchinetta.
      Invitato a cena da Valentino arrivai da lui tanto di buon'ora che trovai Umbertino che mangiava, dopo la sua cena una mela. Subito ne presi dal canestro della frutta un'altra, finsi d'averla tratta dal suo collo e gli feci credere che fosse quella ch'egli già aveva mangiata. Stupito spaventato il piccolino si mise a mangiare anche quella visto ch'era la sua ed io glielo permisi come fosse cosa sottintesa. E quando gli trassi dal collo anche la seconda mela avrei permesso ch'egli si mangiasse anche quella. Ma il bimbo non ne volle sapere visto che il suo piccolo stomaco non sentiva il sollievo che sarebbe dovuto derivargli dalla mia operazione.
      Io non ci pensai più fino quando con Augusta m'accinsi a rincasare. Antonia volle che vedessimo dormire il piccino. Dormiva in un lettino in cui era chiuso da una rete. Fu girato senza riguardo il commutatore della luce perché si sapeva che quando Umbertino aveva preso sonno sul serio, non c'era il pericolo di destarlo.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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