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      Perciò gli somigliavo meno, solo perciò, solo perché non ero libero essendo incatenato ad una sorveglianza. Altrimenti saremmo proceduti insieme, molto simili, spesso silenziosi perché Umbertino è già abituato a non dire tutto. L'ultima volta che fummo insieme si ficcava all'ombra di un albero per ammirare come egli allora restava privo di ombra. Si restringeva per essere tutto coperto dall'albero, ritirava un braccio che ne sporgeva. Gli riusciva e procedeva silenzioso. Forse trovava troppo infantile il suo pensiero per rivelarlo ad altri.
      Con Antonia e Umbertino capitò spesso in casa un'altra noia ma una speranza: Il signor Bigioni. Non Baglioni e non Grigioni come si chiamavano due altri amici ch'ebbimo familiari anni addietro ma Bigioni. Quando mi rivolgo a lui egli deve suggerirmi il suo nome perché io sono sempre esitante fra i tre nomi, ciò che rende più difficili le nostre relazioni. Non mi è simpatico perché ha qualche qualità di Valentino. Quando ha un'opinione è molto sicura; la dichiara, la commenta, la illustra con le immagini più materiali, talvolta offensive. Quando si confidò a me dovette scusarsi che egli subito alla morte di Valentino, per piangerlo, non aveva trovato di meglio che di voler sposarne subito la moglie, egli mi spiegò che veramente egli riconosceva che così si dimostrava meno amico di Valentino, ma ciò era compensato dall'enorme generosità che Valentino aveva dimostrata per lui, proprio come quel marinaio che trovandosi per varie settimane solo con un amico su una zattera alla deriva dell'Oceano, morì a tempo per divenire pasto e salvezza dell'altro.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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