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      Del resto io stesso lo sopportavo mal volentieri quale compagno nelle mie escursioni. Con noi il vecchio e il giovane sognatore si fondeva difficilmente per quanto lo tentasse. Arrivammo un giorno con lui al disopra della galleria che s'apriva nella montagna in cui un giorno Umbertino vide sparire un treno. Eravamo poco prima passati vicinissimi a quel buco e Umbertino l'aveva appena guardato. Ora dall'alto egli s'era arrampicato sul muricciuolo e guardava immoto quella bocca aperta che vedeva per la prima volta da quel posto. Bigioni non capiva e sbadigliava. L'aveva visto poco prima da vicino e non lo aveva interessato. Che scopo c'era di restare ora in posizione tanto incomoda e persino pericolosa che obbligava me ad una sorveglianza tanto intensa per vederlo da lontano? Ma Umbertino ebbe fortuna. Una locomotiva col suo tender uscì fischiando da quel buco. Umbertino si mise ad urlare dal piacere e Bigioni spaventato lo afferrò anche lui per la giubba dicendo: «Ecco che ora s'adombra». Praticava i cavalli il povero Bigioni prima di dedicarsi ad Antonietta.
      Insomma egli non fu gettato fuori di casa. Antonietta piangeva: «Non posso maltrattare l'amico - per quanto traditore - di Valentino». E lo sopportava. Il curioso era che come ci si allontanava dal giorno della morte del povero Valentino il suo contegno con l'amico dello stesso si faceva più duro. Rispondeva oramai appena appena al suo saluto. Talvolta fingeva persino di non accorgersi della sua presenza. Pareva facesse delle esperienze per scoprire con esattezza il punto a cui poteva giungere senza buttarlo fuori.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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