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      E questo può essere vero. Di Fortunato come chauffeur si può anche dire che certe panne lo sorprendono e lo indignano e non sa vincerle. Da vecchio cocchiere vorrebbe applicare la frusta. Una volta dovemmo abbandonarlo in mezzo alla campagna per fortuna non lontano dalla città e ritornare a piedi. Egli arrivò a casa a notte tarda e, a quanto mi dicono, bestemmiando. Aveva dimenticato di guardare l'indicatore della benzina e tardi, molto tardi, s'era accorto che il serbatoio era asciutto. Vero è che da allora quando la macchina s'arrestava, automaticamente il suo occhio correva all'indicatore della benzina. Tutto a forza di panne ed io ne avevo le ossa rotte. «Ma noi vecchi» diceva Augusta rassegnata «non amiamo di vedere delle facce nuove».
      E così Fortunato restò sempre a casa. Funge anche da giardiniere, senza un grande gusto, ma con un certo amore. E non ha troppo da fare. Tant'è vero che trovò il tempo di sedurre la nostra piccola amica.
      La quale lo trattava già come un marito, cioè con poco amore. Amava chiamarlo quello delle panne ciò che mi faceva ridere maliziosamente dopo che Carlo m'aveva spiegato come si potesse farlo. C'era anche fra di loro qualche differenza per i lavori. Essa avrebbe voluto ch'egli fosse incaricato anche dell'ordine nel salotto perché c'erano delle piante, e quand'egli protestava essa rideva: «Non è tuo tutto quello che è mio?».
      Era tanto più lento di lei ch'era rapida e intendeva prima che si fosse finito di parlare. È vero che Renata poi spesso dimenticava mentre Fortunato non sbagliava più dopo di aver fatto sprecare una quantità di fiato prima di afferrare esattamente quello che gli si diceva.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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