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      Quando un giorno, per calmare la mia coscienza, le misi due dita sotto al mento e la guardai lungamente negli occhi fedeli, essa con abbandono s'accostò a me e mi porse le labbra: «Sei rimasto sempre affettuoso tu». Ciò mi sorprese un poco al momento. Poi guardando con attenzione nel passato, m'avvidi infatti che io di affetto non avevo mai mancato in modo da negare l'amore antico che le avevo portato. L'avevo anche abbracciata un po' distrattamente ogni sera prima di chiudere gli occhi al sonno.
      Fu alquanto difficile trovare la donna che cercavo. In casa non c'era alcuna che s'adattasse a tale ufficio tanto più ch'io ero alieno dall'insudiciare la mia casa. L'avrei fatto data la necessità in cui mi trovavo di truffare madre natura in modo che non credesse ancora giunto il momento di mandarmi la malattia finale, e la grande, enorme difficoltà di trovare fuori di casa quello che faceva al caso mio, per un vecchio occupato con l'economia politica, ma proprio non c'era il verso. La più bella donna in casa mia era proprio Augusta. C'era una fanciullina di quattordici anni che Augusta impiegava per certi servizii. Compresi che se mi fossi accostato a quella, madre natura non m'avrebbe creduto e m'avrebbe eliminato rapidamente con quel fulmine che sta anch'esso sempre a sua disposizione.
      È inutile raccontare come io abbia trovata Felicita. Io, per amore all'igiene, andavo ogni giorno a rifornirmi di sigarette molto al di là di piazza Unità ciò che implicava l'obbligo di una passeggiata di oltre mezz'ora.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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