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      Io sento sempre gli altri vecchi come più vecchi di me.
      «Oh, Misceli» dissi deciso ben risoluto di non fare delle scene, «tanto tempo che non ci vediamo». E gli porsi la mano in cui egli mise la grossa sua che lasciò molto inerte. Non fiatò ancora! Davvero si dimostrava più vecchio di me.
      A quell'ora con l'oggettività ch'è propria dell'uomo assennato io avevo inteso perfettamente che la mia posizione era identica a quella del Misceli. Mi parve che perciò non ci fosse posto a risentimento. In fondo non era altro che un casuale scontro su un marciapiedi. Si va oltre per quanto possa dolere la parte eventualmente lesa mormorando una parola di scusa.
      Per questo pensiero il gentiluomo ch'io sempre fui, si ricostituì intero in me. Mi parve fosse il mio dovere di rendere più facile anche la posizione di Felicita. E le dissi: «Senta, signorina, a me occorrerebbe un centinaio di scatoline di sigarette sport, ma ben scelte, perché ho da fare un dono. Soffici, mi raccomando. L'appalto è un po' lontano e mi son permesso di salire per un istante».
      Felicita cessò dal guardarsi le unghie e fu molto gentile. Si alzò anche e volle accompagnarmi alla porta. A bassa voce, con accento intenso di rimprovero arrivò a dirmi: «Perché non sei venuto ieri?». Eppoi, subito: «E perché sei venuto oggi?».
      Mi offese. Era disgustoso di vedermi limitato a giorni fissi e per quel prezzo. Mi procurai subito il sollievo di lasciar scoppiare il mio rancore: «Son venuto qui solo per avvisarti che io non ne voglio più sapere di te e che non ci vedremo più!».


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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