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      L'intervento del Misceli poteva perciò essere stato voluto dalla provvidenza che tutelava la mia vita e m'aveva persino mandato a dire col mezzo di quella bocca dalla mandibola vagante come io avessi da comportarmi.
      E ritornai pensieroso al mio grammofono. Nella nona sinfonia ritrovai gli organi in collaborazione e in lotta. In collaborazione nei primi tempi, specie nello scherzo ove persino ai timpani è concesso di sintetizzare con due note quello che intorno ad essi tutti mormorano. La gioia dell'ultimo tempo mi parve ribellione. Rude, di una forza che è violenza con lievi, brevi rimpianti ed esitazioni. Non per nulla è intervenuta nell'ultimo tempo la voce umana, il suono meno ragionevole in tutta la natura. È vero che altre volte io avevo interpretato altrimenti quella sinfonia come la più intensa rappresentazione di accordo tra le forze più divergenti nelle quali infine viene accolta e fusa anche la voce umana. Ma quel giorno la sinfonia eseguita dagli stessi dischi apparve come dissi.
      «Addio, Felicita» mormorai quando la musica fu morta. Non bisognava pensarci più. Non valeva tanto da rischiare per lei il crollo improvviso. C'erano tante teorie mediche a questo mondo che era difficile di farsene dirigere. Quei poltroni di medici avevano contribuito solo a rendere più difficile la vita. Le cose più semplici sono troppo complicate. Astenersi dalle bevande alcooliche è una prescrizione dalla verità evidente. Ma d'altronde si sa che talvolta l'alcool ha delle proprietà curative.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Misceli Felicita