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      Certamente avevo il desiderio di celare l'uno e l'altra ma ancora più forte c'era quello di aumentarli per sentire meglio la vita e la mia appartenenza ad essa. Per aumentarli non c'era altro modo che di vestirli di parole e rivelarli. Chissà quante volte si sarà riso di me? Alla carriera di vegliardo cui sono ora condannato, io fui educato da Felicita. Io appena ora so che in amore io non valgo altro che per quello che pago.
      E la mia bruttezza m'è sempre presente. È di questa mattina che destandomi studiai in quale posizione avessi trovata la mia bocca al momento in cui apersi gli occhi. La mandibola inferiore pendeva da quella parte su cui ero giaciuto e sentii fuori di posto anche la lingua inerte e gonfia.
      Pensai subito a Felicita cui tanto spesso penso con desiderio ed odio. In quel momento mormorai: «Ha ragione».
      «Chi ha ragione?» domandò Augusta che stava vestendosi.
      Ed io risposi subito: «Ha ragione un certo Misceli in cui m'imbattei e che mi disse che non si capisce perché si nasca, si viva e si divenga vecchi».
      Così le avevo detto tutto senza compromettermi affatto.
      E nessuno finora mai rimpiazzò Felicita. Cerco tuttavia di ingannare madre natura che mi sorveglia per sopprimermi non appena si fosse avvista ch'io non sono più atto alla riproduzione. Con dosatura sapiente proprio nelle quantità volute dall'Hannemann io prendo giornalmente un po' di quella medicina. Guardo le donne che passano, accompagno il loro passo cercando di vedere in quelle loro gambe qualche cosa d'altro che un ordigno per camminare e risentire il desiderio di fermarle e accarezzarle.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Felicita Felicita Augusta Misceli Felicita Hannemann