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      La sola Augusta dice di ricordarsi di me esattamente con tutte le mie grandi virtù giovanili e con qualche difetto, primo dei quali la paura di invecchiare che essa ancora non mi perdona per quanto a quest'ora potrebbe accorgersi quanto fondata essa sia stata. Ma io non le credo. Di lei io non ricordo molto all'infuori di quello che vedo. Eppoi essa conobbe la mia giovinezza solo in parte, voglio dire molto superficialmente. Io stesso ricordo meglio le avventure della mia giovinezza che l'aspetto e il sentimento suo. In certi istanti impensati mi pare essa ritorni, e debbo correre allo specchio per mettermi a posto nel tempo. Guardo allora quei tratti deformati sotto il mio mento da una pelle troppo abbondante per ritornare al posto ch'è mio. Una volta raccontai a mio nipote Carlo, ch'è medico e giovine e perciò si intende di vecchiaia, di queste illusioni di gioventù che talora mi colgono. Sorridendo maliziosamente Carlo mi disse ch'erano sicuramente un sintomo di vecchiaia perché avevo del tutto dimenticato come ci si senta da giovine e dovevo guardare alla pelle del collo per ravvisarmi. Ridendo poi clamorosamente aggiunse: - È come il tuo vicino, il vecchio Cralli che crede sul serio d'essere il padre del bambino che la sua giovine moglie sta per mettere al mondo.
      Questo poi no! Sono ancora abbastanza giovine per non commettere degli errori simili. Io non so muovermi abbastanza sicuramente nel tempo. E non dovrebbe essere tutto per colpa mia. Ne sono convinto ad onta che non oserei dirlo a Carlo che non comprenderebbe e mi deriderebbe.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





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