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      La gioia mi rese intraprendente e su quella cima arrivai ad accostare l'altra parte, opposta a quella della strada donde eravamo venuti. Una via facile, un sentiero segnato nell'erba alta. Da quella parte scorsi una casetta ai piedi della collina e dinanzi ad essa un uomo che con colpi vigorosi di maglio piegava su un'incudine un pezzo di ferro. E come un bambino ammirai che il suono metallico di quell'incudine arrivava al mio orecchio quando il maglio da lungo tempo s'era risollevato per prepararsi a ripetere il colpo. Vero bambino io ma anche molto infantile madre natura che inventa di tali contrasti fra la luce e il suono.
      Quella gioia di quei colori e di quella solitudine fu ricordata da me lungamente e perciò il dissidio fra il mio orecchio e il mio occhio anche. Poi intervenne la serietà del ricordo, la logica della mia mente a correggere il disordine della natura, e quando ora ripenso a quel maglio, immediatamente come esso raggiunge l'incudine, sento echeggiare il suono ch'esso provoca. Certo nello stesso tempo, qualche cosa dello spettacolo si falsò. Al disordine del presente si sostituì il disordine del passato. Quella famiglia di colline si fece anche più numerosa e furono tutte più ricche di boschi. Anche le rocce delle montagne divennero più fosche ancora e più serie, forse anche più vicine, ma tutto era regolato e intonato. Il male si è che non annotai di quanti giorni quel presente avesse abbisognato per tramutarsi così. E se lo avessi notato non avrei potuto dire che questo: nella mente del settantenne Zeno Cosini le cose si maturano in tante ore e tanti minuti.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Zeno Cosini