Pagina (34/497)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Oh benedetti quei baci, benedette quelle braccia, benedetto quel bel volto di galantuomo, che mai più mi si cancellò dalla memoria e dal cuore: era nientemeno che Beppe Bandi, del 34° e quel bel petto sul quale ho sentito battere il più nobile cuore che d'italiano battesse mai, avrebbe ricevuto l'anno seguente a Calatafimi ben cinque ferite borboniche; per poi finir di battere sotto il ferro di un parricida. Di un parricida sì, perchè cosa altro può aver di comune l'Anarchia con un pazzo vigliacco che di Anarchia nulla conosce tranne la degenerazione criminale, feroce e repugnante?
      Terminate «le accoglienze oneste e liete» quel bell'uomo ci condusse fuori della stazione, in una piccolissima misera osteriuccia e lì, gran simposio: vennero tanti altri ufficiali; un tenente che si chiamava Ceccherini, grosso e rosso, fiorentino, che doveva essere di molto allegro, perchè durante il parco asciolvere non fece altro che fare scombiccherar tutti dalle risa, e vidi che fece di molto bene anche alla mamma, che le tolse per un poco quel velo di malinconico accoramento che ci aveva sempre, ora più intenso per la separazione da tutti i suoi.
      Qui mi si è fatto un vuoto nella memoria, e ricordo soltanto che ci ritrovammo a Genova, nella Caserma vicino al Faro, dove c'era un gran cortile aperto, con a tratti un'infinità di piramidi fatte con le palle di cannoni. Ho saputo poi or'è poco da alcuni vecchi veterani genovesi, che era il quartiere detto di S. Benigno, un tempo de' bersaglieri.
      E qui mi torna a mente il nostro primo pranzo in caserma.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





Beppe Bandi Calatafimi Anarchia Anarchia Ceccherini Genova Caserma Faro S. Benigno