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      Mia madre seduta su una seggiola, appoggiata a una colonna quadrata e massiccia che pareva sostenere due grandi arcate o vôlte di uno smisurato entrone: io ritto appoggiato alle ginocchia della mamma; Ada sur uno sgabelletto; sul grembo della mamma una gran cartata di salame che lei ci dava a fetta a fetta sul pane dopo aver mangiato il bonissimo rancio (il primo) che poi avrei gustato per tanti e tanti anni ancora.
      Da Genova si partì per Milano, che attraversammo di notte in carrozza rasentando proprio il Dômo, che tutti guardavano assonnoliti, e che io, raggomitolato sotto lo scialle di mia madre sbirciai di sfuggita, di sotto in su, lesto lesto nascondendo subito il capo, perchè quel buio, quella solitudine (doveva essere notte alta) quei pochi lampioni, il passo cadenzato di tanti soldati, il cupo mistero che accompagnava tutto quel tramenio per me incomprensibile, m'agghiacciavano il sangue nel mio corpicino di quattro anni.
      Eccoci a Bergamo nelle prime ore del mattino: là rullano i tamburri; la banda suona: i comandi echeggiano da un capo all'altro del reggimento; passano gli zappatori e le guide; passa la 1a Compagnia; ecco mio padre, alfiere con la bandiera; ecco il 2° battaglione; poi il 3° e il 4° - i carri e l'ambulanza: la vivandiera; su su, presto, mia madre, la Ceccherini, Ada, io, il bimbo Ceccherini nel carro e s'entra in trionfo nella patriottica Bergamo.
      Chi non ha visto il ricevimento che, in quei tempi, si faceva ai reggimenti tutti del nostro esercito, può dire di non aver visto una cosa veramente maravigliosa.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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