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      Che questo sia vero, non saprei dirlo. Tanti e tanti anni sono passati anche dall'epoca che queste cose, con grande pietà e compassione, mi si dicevano. Il fatto sta che poco più di due mesi non erano trascorsi, che il babbo si liberò di Ada, appioppandola allo zio Azzolino che viveva in Firenze.
      Si parte. Dove si va? mio padre, Ada, io, tutti via. S'arriva in una città grande e bella; si monta in carrozza, siamo in una strada vasta come una piazza; ecco un palazzone alto alto e nero nero, che pareva un Castello con certe doppie finestre tagliate a ogiva e divise da colonnine bianche: si monta, su su, uno scaloncino stretto scavato nella muraglia e, monta monta, finalmente ci troviamo in una stanza ov'era mio zio Azzolino, e la moglie la Sora Adele, una donnona ossuta e metallica della quale avrò a occuparmi più innanzi e lungamente.
      Quì grandi abbracci, lacrime, carezze a noi e........ dopo un paio di giorni, ci dicemmo addio noi bambini con grandi pianti e strilli, e via di nuovo.
      Io non doveva riveder più la mia cara e buona sorellina: così in un anno io perdeva le due uniche persone che, per il sesso, avrebbero potuto vigilare sulla mia animuccia, e avviarmi alla vita con quell'amore e con quella sensibilità materna di cui tutte le creature hanno bisogno più del pane.
      O infelicissimi coloro a cui è venuto a mancare l'appoggio sicuro della madre; o infelicissimi quei bambini che, restati nelle mani del genitore, o per una ragione o per l'altra si vedono piombati nell'oscurità di una casa solitaria nelle cui vuote camere non s'ode la voce di una donna, non si sente il passo leggiero di una forma muliebre, ma sì solo i colpi cadenzati e militari dei tacchi delle scarpone d'ordinanza del povero soldato, sceso dalle montagne, e scelto, perchè più simpatico di faccia e da' modi meno selvaggi, a guardia e guida di un povero bambinello di sei anni, abbandonato e orfano.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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