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      Chi teneva codesti ritratti e metteva loro davanti fiori e perfino lumicini erano poveri ciabattini e gente meccanica che erano stati con lui e, benchè già vecchi e qualcuno decrepito, bisognava sentire come erano pazzi per quel birbone, e io mi divertivo a far loro narrare le grandi battaglie ove erano stati: alcuni si erano salvati al passo della Beresina, proprio per miracolo; quello era stato a Marengo, l'altro a Waterloo; era piena l'Italia di veterani di Napoleone e siccome io, figlio di soldato, mezzo soldato anch'io, non avevo allora nessun concetto di giustizia e d'idealità umane, (come avrei potuto averle in mezzo a un reggimento), così m'entusiasmavo e ammiravo que' vecchioni come fossero stati esseri soprannaturali. Portavano la medaglia di bronzo; taluno era monco, o zoppo, e mi facevano veramente pietà e dicevo tra me e me che la vita del soldato era pure una vita indegna, e già m'entrava nell'intelletto, quasi senz'accorgemene, spontaneo e intuitivo un grand'odio e disprezzo per le armi, fucili, battaglie, morti, ferite, che ti lasciano infelici e inutili per tutta la vita.
      Avesse potuto indovinar mio padre di quali pensierini sovversivi era già capace il suo rampollo!
      Però la goccia che fece proprio traboccare, come si suol dire il vaso, fu il seguente antipaticissimo, ingiusto e indegno fatto che narrerò succintamente.
      È noto che, a' que' tempi, all'arrivo di un reggimento, veniva il foriere maggiore co' biglietti d'alloggio: un nome, l'indirizzo d'una strada, e via.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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