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      Andavo maturando tra me e me come avrei potuto nascondermi a tutti per andare in America.
      Avevo veduto a Viareggio certi be' bastimenti che que' marinai chiamano Brick Schooner e Golette; ve n'erano di quelle che andavano perfino in Spagna; a Nuova York. Risolvo dunque di batter soletta, ed ecco come, e per qual motivo feci una cosa di cui poi m'ebbi a pentire, di cuore, per le conseguenze di cui ne risentì la povera nonna che tanto m'era affezionata.
     
      Divento ghiotto.
     
      Il benestare, il mangiar sempre le migliori cose del mercato, tutte le primizie di frutta e di dolciumi che non mancavano mai in quella magona; m'avevano fatto diventare goloso e mangione. C'era in casa una stanzaccia che serviva da dispensa: costì abbondava di ogni ben di Dio; un barilotto di Marsala che il Cirio di Palermo mandava ogni anno al nonno proprio di quella co' fiocchi, in compenso d'una causa vinta; sacchi di zucchero e di noci; di castagne e di farina di neccio; cioccolata e mandorle; cestellini di fichi secchi prelibatissimi; croccanti, panforti e ricciaretti di Siena; certi barilottini d'olive (spagnole) grosse come uova, e poi salami, prosciutti e mille altre lecornie; insomma c'era tutto ciò che il diavolo potesse mettere alla portata d'un povero ragazzo! Bastava appoggiare il naso al buco della chiave per sentire un odorino di bono che avrebbe tentato Sant'Antonio.
      Chiuso era, codesto tempio delle delizie; e la chiave tintinnava allegramente in tasca della zia Dade, gelosissima segrenna che mi avrebbe cavato gli occhi se avesse potuto capire il tiro che mulinavo nel mio cervellino di birbarello.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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