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      Cesare era un bel giovinetto della mia età; alto e slanciato, biondo, begli occhi celesti, un tipino inglese, o, meglio, australiano; uno Stran-young-boy come li chiamano laggiù; destro in tutti i giochi; aveva la passione dei monti e del mare: con lui vogavamo in barchetta spingendoci in alto mare e sognavamo di viaggi, dell'America, dell'Africa e dell'Australia: chi l'avrebbe detto che, tutti e due, diverremmo, col tempo, cittadini del mondo e contempleremmo quelle montagne, quelle città, quei panorami che le letture dei viaggi di Coock destavano nella nostra fantasia di ragazzi sedicenni? So che è diventato ricco al Brasile; felice? infelice? il tempo lo dirà. Dirò di lui, dopo cinquant'anni!
      La sera, ci riunivamo con famiglie d'amici, tutti in casa nostra, e s'improvvisavano giochi di sala, commediole, celie piacevoli, concerti di musica e di canto perchè la zia Fanny aveva una bella voce di soprano e cantava con maestria deliziose e dolci romanze, tra le quali mi ricordo «Mia Madre Morì» e «La Stella Confidente» che erano il suo caval di battaglia.
      Ci vestivamo con grandi paludamenti facendo uso di lenzuoli; ci tingevamo la faccia col sughero bruciato e così camuffati rappresentavamo perfino delle tragedie di Shakespeare, - l’Otello; che nel quale appunto faceva furore a que' tempi il Salvini; e poi il Duello, la Norma ecc. e naturalmente tutta questa roba la rappresentavamo in tono buffonesco, con certe voci in falsetto e con tali gesti eroici, smorfie e risate da far rinascere un morto; le burle che mettevamo insieme in quei tempi fino oltre la mezzanotte, mi torneranno sempre in mente come le più belle della vita anzi le sole, e le uniche, rarissime memorie felici della mia esistenza.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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