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      Arrivo alla porta, l'apro, entro e riserro: riserrai perchè - più che de' tanti sotterrati che giacevano nel riposo eterno da una parte e dall'altra della chiesa e sotto l'altar maggiore, io avevo paura di Carlo e dei suoi tiri.
      Eccomi, dunque in fondo alla chiesa, nel più fitto buio, in mezzo a tanti morti, sotterrati è vero, coperti da' lastroni, ma pur sempre corpi che la mia immaginazione mi figurava a giacere supini, co' teschi disfatti, le occhiaje vuote o piene di vermi ributtanti e schifosi: mi pareva proprio di sentire digrignare i denti di quelle mascelle disfatte, e vedevo ridere e piangere l'orbite cave di que' poveri esseri disfatti che mi vengono dietro come pazzi furiosi.
      Avanti! Arrivo all'altare, ci batto il naso di contro, giro a destra, dove c'era una porticciuolina che metteva nello sgabuzzino de' paramenti, passo un po' più su, dove c'era una specie di credenzina o nicchietta col calice e il fiaschetto del vino, giro la chiavina, agguanto, bevo, riserro e via...
      Per dire il vero io non ho mai avuto paura di nulla in vita mia; quella che si dice propriamente paura, io non so cos'è; ma confesso che trovarmi in una chiesetta tenebrosa, nella memoranda notte del giorno de' morti, con la coscienza poco tranquilla d'essere entrato a manomettere le robe di chiesa; (sapevo assai allora ch'eran tutte trappole); dirò non mi destava veramente un senso di pànico, o di paura, ma mi dava qualche cosa di strano ed informe che ancora adesso che lo scrivo non me lo so spiegare.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





Carlo