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      - «Lei, signorìa, non sa quanto male m'ha fatto suo fratello sotto le armi; ero soldato della sua compagnia, ce l'aveva con me e mi mandava sempre in prigione; non mi poteva patire: veda, signoria sarebbe stato meglio fossi morto a San Martino, dove mi sono trovato a faccia co' croati che passar tre anni, come mi toccò a passare col sor tenente, che era un vero assassino. Non c'era un soldato che gli volesse bene: metteva tutti in prigione; all'uscita, guai a avere un bottone un po' sudicio, o le scarpe un po' lercie, ficcava in prigione, per otto, dieci, quindici giorni: a pane e acqua, senza misericordia. Sor Giulino (e si volta da me) lei Signoria, non se ne può ricordare perchè era troppo piccino, e la su' povera mamma lo sa che è ormai in paradiso; ma di notte, nelle marcie, ero sempre io che me lo caricavo sulle spalle invece del sacco che buttavo addosso a un camerata: e il suo babbo per tutto ringraziamento mi ripagò con tre anni di persecuzioni e di martiri».
      Io avevo le lacrime agli occhi; Fanny era commossa; la moglie, i figliolini del pover'uomo vedendo pianger noi, s’erano attaccati alle sottane della mamma e frignavano. M'avvicino a Tonino e gli dico:
      - «O Tonino mio, credi che non me ne ricordi? A Pontelagoscuro, a Piacenza, a Palermo c'eri anche te con Cesare; e ora mi vuoi dare questo dolore e ti vuoi macchiar le mani innocenti col sangue d'un uomo che forse, faceva il suo dovere? Gli butto le braccia al collo, lo bacio, .....la pace è fatta.
      Fanny - benedetta la sua memoria - si mise la mano in tasca, cavò fuori un mezzo marengo e glielo lascia sulla tavola.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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