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      Quando fui fuori di pericolo, mi si consigliò d'andare in permesso di convalescenza a Firenze; e poichè io non volevo allontanarmi da Siena, dove avrei lasciato tutt'intera l'anima mia, Virginia mi forzò a farlo, accompagnandomi lei medesima.
      Dissi addio a Siena dunque, proprio con la morte nel cuore; avevo trascorso in quella città sei mesi, in un sogno troppo bello; poche città m'avevano fatto un'impressione così gradevole; Siena mi pareva la città creata apposta per me; appassionato della storia della mia terra, Lucca, Firenze e Siena, non erano i tre puri esempj di quella maravigliosa classicità che scendendo dagli etruschi, andrebbe passo passo, di secolo in secolo fino alle famose repubbliche che le cronache toscane pregiano come i tempi d'oro del rinascimento italiano?
      E tanto più poi io doveva rammaricarmi e versar lacrime sincere d'addio alla bella, ospitale, gloriosissima città degli avi miei, pensando che la maggior parte delle mirabili opere senesi, (Siena oltr'essere la culla della madre lingua è il vero scrigno delle magnificenze artistiche di tutte le scuole d'Italia) forse non la rivedrei più. Infatti io non sono ritornato a Siena perchè, (sibbene tante volte me ne venisse l'ispirazione, il desiderio o l'uzzolo), sapevo che non ci avrei ritrovato nemmeno più le ombre e le immagini dei sogni giovanili; mi pareva che, rivedendo que' luoghi popolati così, in fantasima, delle figure più amabili del miglior periodo della mia adolescenza; avrei sofferto il doppio di quanto ricordavo d'aver sofferto nel lasciar dietro di me, una città incantata che fluttuava - per così dire - dietro a me, in un fondo di montagne opaline, sotto crepuscoli sereni e vellutati, nel profumo indescrivibile di mille odori campestri, nell'andirivieni casereccio delle sue belle donne dagli sguardi profondi e intelligenti adombrati da nere sopracciglia sotto le quali scintillavan occhi magnifici che dicon tutto, sotto quegli ampi cappelli di paglia spioventi sulle chiome.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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