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      E qui, devo aprire una digressione, che al solito, forse non leggerete: saltatela dunque, sfogliate le pagine fino al capitolo seguente.
      La spiegazione del fatto era semplicissimo: Fanny (che mi voleva ben come fratello) aveva aperto il mio portafoglio, lette le lettere, aveva comunicato tutto alla zia Adelina, a San Ponziano; questa aveva scritto subito al fratello Azzolino per impedire, dicevan loro, la rovina d'una famiglia, e a sua volta comunicato tutto alla moglie, zia di Virginia. Virginia che non sapeva nulla della maliziosa scoperta delle sue lettere - mi maledì, e mi lasciò, nè volle credere mai più alle mie parole. E anche oggi, dopo cinquantacinque anni; io sono persuaso che essa nel fondo del cuore non credette mai a me, che onesto e leale le giuravo e spergiuravo la mia innocenza.
      Ci fu un tempo in cui essa - dinanzi ai miei giuramenti, alla spontaneità sacrosanta dei miei sguardi leali che fissavano i suoi terribili e corrucciati - vi fu un tempo ripeto, che mi parve vi prestasse fede: ma serbò un odio inflessibile verso coloro che - diceva lei - l'avevano tradita.
      Aveva fatto male la buona Fanny? avevo avuto torto io di non bruciar subito le lettere di Virginia? Consideriamo questi due punti, prima di giustificar me stesso dinanzi alla mia coscienza: e dico giustificare la mia coscienza, perchè io ho sortito di natura una sensibilità squisita dell'onore e dell'onestà: l'onore e l'onestà, sono due cose che non si comprano, nè si vendono; e qualche volta l'onestà può sacrificare quanto di meglio e più prezioso ha la Natura: - la vendetta - e il sacrifizio è bello e grande davvero.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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