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      C'era in ufficio una specie di ottomana grande e buona assai e io ci messi l'occhio su per farmene un magnifico letto per me durante l'inverno. Comprai una copertuccia,... m'accomodai un cassone di libri nello sgabuzzino delle pile, e così passai tutto quell'inverno senza pagar pigione.
      A quell'epoca il servizio finiva alle 11 di notte; si faceva l'apertura alle 4 del mattino. I miei compagni erano contenti perchè - stando io in ufficio - il B. G. (il buon giorno telegrafico) non avrebbe sgarrato di mezzo minuto. Io poi ero contentissimo di poter spender in libri que' po' di soldi risparmiati nella camera ed ero sicuro che non avrei mancato al mio dovere, perchè lasciavo aperte le macchine (o come si diceva in linguaggio telegrafico non mettevo «a terra»: e la mattina mi svegliavano i B. G. di Siena, di Firenze, di Grosseto, di Pisa.
      Una notte mi nacque la curiosità di scoperchiare il tavolino e vedere come stavano le comunicazioni tra macchina e macchina: ne ricavai un disegno esattissimo e lo ricopiai ad acquarello in prospettiva e in piano; poi lo messi in un quadro con la sua cornice e il suo vetro. E costì stette molt'anni ancora, credo, con gran soddisfazione mia e degli amici. Circolava il mio buon nome (lo devo dire?) da per tutto, e una volta venne il famoso cav. Gabbriello. Rimasto solo con me, cercò di catechizzarmi, rimproverandomi fraternamente che io avessi, come diceva lui, delle idee matte nella testa, e che mi occupassi di politica, così giovane; che studiassi, giacchè ne avevo quel bernòccolo, e lasciassi stare gli scavezzacolli russi polacchi e tedeschi.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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