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      Viva Livorno, dunque perchč, lo dico francamente, viaggiare, veder mondo, conoscere uomini, popoli, societā, lingue, costumi, cieli e climi diversi; č il pių bell'ideale a cui possa scaldarsi un cuore libero e una mente scevra di piccinerie.
      Un giorno (non so proprio nč come, nč perchč e se fu un'ispirazione d'un angelo buono o d'un angelo cattivo), nel passar dinanzi all'ufficio postale, mi venne il ticchio di domandare se c'era lettere ferme in posta per Enrico Maclaurin! Io non avevo saputo pių nulla da dieci mesi della mia Virginia, che m'aveva piantato in asso, maledicendomi e ingiuriandomi e sotto l'imputazione di tradimento.
      Quale non fu, dunque la mia sorpresa, nel vedermi porgere dall'impiegato una busta gonfia gonfia di roba: mi sentii un trabussolėo nel cuore che non saprei neppur oggi descrivere; m'accosto la busta alle narici e sento proprio quel profumo speciale che era tutto suo: me ne vō proprio in mezzo alla piazza del Cisternone, ove non era anima viva, e costė, con le mani che tremavano, apro la sospirata epistola.
      Numi del cielo che lettera! v'erano dieci mesi di dolori, di domande, di rabbuffi e di promesse; dopo aver letto e riletto quelle trenta o quaranta paginette, scritte fitte fitte, con un caratterino nitido, bellissimo, aristocratico (non v'era un'errore ortografico a cercarlo col vocabolario della Crusca, e sė che non c'č donna, per quanto intelligente che non ce ne lasci cascare un paio almeno almeno) con l'anima come rinata a vita nova, oramai non pių solo ma con centomila sogni dinanzi a me e fantasticherie in gran numero da abbellire le ore della amarissima solitudine ferroviaria; ripresi il mio cammino verso la Stazione.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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