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      Elvira, una cara giovinetta bruna, con due occhi di buona, era promessa a un musicante, bresciano, del 62.° fanteria; e dovendosi effettuare nell'anno, la povera giovine cancellava tutti i giorni un giorno; teneva l'almanacco dietro un'imposta dell'uscio e io, per ischerzo, le dicevo ogni poco: - Sor'Elvira li cancelli tutti insieme, fa più presto ci faccia mangiar subito i confetti! - Rideva, la poverina, con un riso mesto e preoccupato, e chinava la testa sul suo punto in bianco, tirando via a prepararsi quattro camicie del suo povero corredino. Non doveva vedere quel giorno felice! Tramutato il reggimento per un'altra città, il militare s'allontanò da Elvira, per non più tornare, e la povera fanciulla, lentamente, irreparabilmente si perse.
      L'altra fanciulla, Iginia, era la fiaccolina dell'amore di casa; a lei riservate tutte le cose più sgradevoli; sopra di lei - fanciulla nel fiore de' sedici anni - s'imperniava la pace e la concordia della famiglia: il Sor Filippo era un romano de Roma nato e sputato; indolente, bisboccione, gran ciarlatore, si trovava più ne' suoi cenci seduto su una panca nel giardino della trattoria dei «Sette Colli», o giocando una partita a gioco liscio, con una foglietta di biondo de li Castelli; che a casa o altrove a procacciare un pane per la sua numerosa famiglia. Erano, tanto lui che la sposa, di famiglie aristocratiche, della Sabina; e contavano vescovi e cardinali e aderenze elevatissime nella Curia vaticanesca.
      I due fratelli maggiori erano tipi diversi l'uno all'altro: mentre Gigetto, il maggiore (cocchino del padre) era uno spiritato e burlone che avrebbe ballato sur un quattrino; Aristide (occhio diritto di sua mamma) aveva invece un caratterino quieto e serio; studente di Liceo frequentava le Scuole di Propaganda Fide ed era versatissimo nel Greco e nel Latino; non so se ne volevano tirar su un pretonzolo; credo che le intenzioni vi fossero; ma sta il fatto che io ne lo dissuadevo, descrivendogli la falsità e degenerazione de' sedicenti ministri di Dio, tanto a lui che alla famiglia, che gli uomini devono portare i calzoni e non le sottane e cento altre mila ragioni perchè non lo sacrificassero sotto il nero abito esoso della gente più impostora del mondo.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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