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      Cotesto amabilissimo caporalaccio, (come lo chiamavamo tutti a una voce) mi teneva d'occhio e a catena come il cacciatore tiene il falco per una zampa. Sapeva che io la pensavo diversamente dalla maggior parte degli uomini che lo circondavano; sapeva che io scrivevo in fogliucoli, allora, in odor di forca; cominciavano appunto a serpeggiar le idee di Bakunine e di Marx; Mazzini scriveva nel Dovere di Roma;..... e tutti gli spiriti più audaci di quei tempi, erano affigliati all'Internazionale: nella trattoria dei «Sette Colli» bazzicava un vecchio carbonaro, rosso e feroce come il famoso Zambianchi; era stato prete e una delle diversioni nostre più clamorose era quella di fargli «dir messa»: Si chiamava De Angelis, ed era il ritratto nato e sputato di Carlo Marx; la stessa zazzera, la medesima barba; salvo che, invece di parlare in tedesco, spiccicava il più sonoro vernacolo romanesco trasteverino che si conoscesse a que' tempi, gran bevitore; grande attaccalite, incapace d'ammazzare una mosca, portava una fuciacca rossa fiammante che gli copriva il formidabile torace e sacramentava in latino e in romano come un turco. Vecchio garibaldino, era un terribile mangiapreti e noi l'amavamo come un padre, come un eroe. La ferrovia lo teneva esiliato e lontano per timore di complicazioni internazionali, diceva lui; per paura di propaganda, dicevamo noi; e chi voleva De Angelis, doveva andare a cercare a Isoletta, dove era Capo-Stazione in esilio perpetuo.
      Quando De Angelis scendeva a Roma, la sua prima capatina era della «Sora Nena»; mangiava una forchettata di Spaghetti al sugo e un micolino di pane con invariabile arrosto alla Cacciatora; gli mettevano davanti un boccale di vino de li Castelli e di costì non si moveva fino a non esser brillo come una monna, da doversi prendere e caricare sur un carretto è portare a casa a smaltire la sbornia in 48 ore.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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