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      Quegli effetti di sole erano meravigliosi. La mia anima era rapita di quello spettacolo. Se Clara fosse stata con me!... Le ultime parole che mi aveva detto Fosca risuonavano ancora al mio orecchio come un eco, aveva ancora nel cuore qualche cosa della sensazione che ne aveva ricevuto.
      - Come! - proruppi io improvvisamente quasi per rispondere a me stesso e a' suoi dubbi sconfortanti - come si può pensare a morire quando tutto ciò che ci circonda è cosí pieno di vita, è cosí bello; quando vi è ancora tanta parte di esistenza innanzi a noi? Guardate questi alberi, questo tappeto di viole, questo orizzonte... Non vi pare che la sola sensazione dell'esistere, il vedere, il sentire, il toccare, il muoversi, il respirare in questo luogo sia qualcosa che debba renderci allettante la vita?
      - Perché non avete aggiunto, pensare?
      - I pensieri che nascono dalla contemplazione della natura non possono non essere che sereni.
      - Voi non conoscete tutti gli abissi del pensiero.
      - Forse...
      - Né le sue torture.
      - Queste sí, conosco però anche le sue dolcezze.
      - Io non le ho mai conosciute.
      - Vorrei dirvi ingiusta. Sono convinto che non vi è assoluta infelicità, né felicità assoluta. L'eredità di beni e di mali che ci ha legato la natura, può eccedere o difettare nella misura di questi o di quelli, ma ciascun uomo ne ha una parte - piccola o grande, ne ha una - non vi è esistenza cosí misera che non sia stata letificata un istante da un baleno di fugace felicità... Poc'anzi mi parlavate dei piaceri della fantasia.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





Clara Fosca