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      Infelice lo era, e assai: le miserie sue dovevano essere infinite; né era strano che ella potesse desiderare un'anima in cui versarsi, desiderarla con tale intensità di desiderio, e invocarne la pietà con tale abbandono.
      Oltre a ciò Fosca non era una donna comune. Il suo spirito era assai colto, la sua intelligenza assai vasta; e la sua stessa infermità, la sua bruttezza erano tali circostanze che concorrevano a formare un'eccezione. Le sue passioni, i suoi sentimenti, le sue idee dovevano anche essere eccezionali; ed era forse sotto questo aspetto che bisognava giudicarne. Nondimeno quell'aprirmi subito l'anima sua; quell'abbandonarsi cosí a me nel primo giorno che mi vedeva, quel richiedermi disperatamente della mia amicizia...
      Diffidavo dell'amicizia di una donna, e mi doleva non poco di aver accettato quella di lei. Io sapeva che noi non possiamo sottrarci mai agli istinti, e che tra un uomo e una donna giovani, che vogliono violentare la natura amandosi di amicizia, non può esistere che un affetto monco, artificiale, violento, spesso ridicolo, perché non conduce che ad un amore già nudo d'ogni illusione e d'ogni attrattiva. L'amicizia ci ha fatto veder tutta l'indiscretezza della sua intimità, ci ha spogliati di ogni velo; non si può piú essere né amici veri, né amanti veri; ed è cosí che la natura si vendica spesso dell'oltraggio che ha ricevuto.
      Avrei dato un anno della mia vita per potermi sottrarre a quella promessa, per poter infrangere quel legame. Se tutto ciò non fosse avvenuto!


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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