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      - Ma è impossibile. E poi ciò ti ucciderebbe... in questo momento.
      - Ebbene, strappami un capello, uno soltanto, ciò non mi farà male.
      - Ma...
      - Via, è un capriccio, - diss'ella - accontentami.
      Ne strappai uno che mi avvolsi attorno al dito.
      - Hai ragione - diss'ella. - Un capello solo è nulla, ma una treccia sarebbe di triste presagio. Quando gli amanti si regalano i capelli, è segno che l'amore sta per finire. Sono una cosa assai malinconica i capelli. Non ci hai mai pensato? Quando sarò vicina a morire, ti regalerò le mie trecce. Oh mio Dio! - esclamò ella dopo qualche momento di silenzio - è già giorno chiaro e bisognerà che tu te ne vada. Riponi la lampada in quell'angolo, là, spegnila.
      Allo spegnersi della fiammella della lampada, la stanza parve cambiare d'aspetto; molti oggetti che erano in luce rientrarono in una semi-oscurità, e molti che non lo erano apparvero piú chiari e piú illuminati. Tornai a sedermi vicino a Fosca che mi buttò le braccia al collo piangendo. La luce del giorno me la mostrava adesso in tutta la sua orridezza.
      - Tu mi lascerai ora, - esclamò ella con aria desolata - oh mio buon amico, oh mio povero Giorgio! Ti ricorderai tu di me? Oh mio Dio!
      - Non ti affliggere, non ti affliggere, Fosca, io non ti dimenticherò mai.
      - Perché, vedi, non potrò rivederti piú finché non sarò guarita. Cosa ne direbbe il medico? Stanotte era necessario che io ti vedessi, ma dopo! Ebbene, ti scriverò, sei contento?
      - Sí, ne sarò felice.
      - E poi, fra pochi giorni incomincerò ad alzarmi, e ti vedrò quando verrai solo al mattino.


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Fosca
di Igino Ugo Tarchetti
pagine 213

   





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